Quante parole! Quanta retorica vuota, sterile, falsa! Quanti scontri si celebrano sulla base di parole, sempre più inutili, sempre più cattive, sempre più ingannatrici. Siamo subissati da un tripudio di dichiarazioni, promesse, annunci, proclami. Non c’è momento della nostra vita nel quale non siamo assaliti da parole che ci sommergono illustrandoci mirabolanti promesse elettorali, inimmaginabili scandali, meravigliose conquiste scientifiche e, al contrario, bufale degne di tempi oscuri passati da secoli.
La politica è divenuta l’arte dell’annuncio, il regno della retorica vuota, l’olimpo dell’incoerenza e dell’ipocrisia. Si confonde l’intenzione di raggiungere un risultato o la definizione di una iniziativa politica o legislativa con l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo che essa vorrebbe ottenere. Si scambia l’approvazione di una norma con il conseguimento del risultato che quella norma vorrebbe perseguire.
Anche l’economia vive e si sostiene troppo spesso di annunci, di promesse, di sogni, di proclami che non hanno concretezza, gambe per camminare. Si cerca di catturare l’attenzione delle persone, conquistare audience, “raggiungere i target”, costi quel che costi, a scapito della verità, della sostanza, dell’onestà intellettuale.
La parola è uno strumento straordinariamente importante. La fede cristiana si basa sulla Parola di Dio e sulla sua proclamazione. La vita di intere generazioni di persone si è sviluppata alla luce o grazie a parole che hanno definito sogni, ambizioni, destini di intere popolazioni. Eppure, la parola spesso inganna o si presta a perpetrare inganni. Troppe volte ci facciamo abbindolare dalla facile retorica del politico o, venendo a questioni vicine al nostro lavoro, dell’innovatore di turno. La parola è un’arma a doppio taglio: può comunicare senso e sapienza, ma, spesso, anche inganno e ingiuria.
Per questo, mi piace moltissimo un brano del Vangelo che ci riporta ai fatti, alla concretezza delle nostre vite. Qui la versione di Matteo (7, 15-23):
15 Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. 16 Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? 17 Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero cattivo fa frutti cattivi. 18 Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo fare frutti buoni. 19 Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco. 20 Voi li riconoscerete dunque dai loro frutti. 21 Non chiunque mi dice: “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22 Molti mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo scacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?”. 23 Allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori d'iniquità”.
“Voi li riconoscerete dunque dai loro frutti”. È tutto qui.
In poche righe hai condensato i mali del nostro tempo. Mai come in questa epoca le parole ammaliano, ma ingannano. Mai come in questo tempo vige la legge del più forte. Hai citato parole del più grande Maestro di tutti i tempi, parole mai state così vere come adesso. Grazie.