Il giornalismo ancora utile, tra parole e dati di valore
C'è davvero bisogno che l’informazione riconquisti fiducia e rilevanza?
Calo d’interesse per le notizie che si accompagna a una progressiva disaffezione per la politica, diminuzione delle vendite di informazioni in carta e bit, modelli di business che non funzionano più, non necessariamente “per colpa” dell’innovazione digitale. In estrema sintesi questa la situazione attuale dell’informazione delineata dal rapporto 2025 dell'Osservatorio sul giornalismo digitale, presentato in questi giorni dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, a fronte della quale si rileva un bisogno di informare non certo tramontato e un giornalismo che resiste, in un panorama cambiato da social network prima e intelligenza artificiale generativa adesso.
Negli ultimi anni, la diffusione delle notizie attraverso i social media si è ridotta drasticamente, con un -67% del traffico a siti informativi proveniente da Facebook e -50% da X (ex Twitter). L'attenzione delle persone si è spostata verso contenuti più leggeri, mentre sembra in crescita il fenomeno dell’information avoidance: il 39% delle persone evita intenzionalmente le notizie perché generano ansia. Questa tendenza è particolarmente evidente in Argentina, dove l'interesse per l'informazione si è ridotto di un terzo dal 2017, parallelamente a una minore partecipazione politica.
“In un momento di incertezza, in un periodo storico nel quale avanzano i regimi dittatoriali e nel quale persino alcune democrazie sono guidate da politici che seguono logiche autoritarie, un buon giornalismo autorevole e indipendente è più necessario che mai”, ricorda nel rapporto Luca De Biase.
Come il giornalismo può tornare ad attrarre attenzione e fiducia delle persone? Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli scrive chiaramente nel report: “Appiattirsi sul linguaggio del web, allinearsi ai social, si è rivelato inutile e controproducente ed ha impoverito ampi settori della professione. Lo stesso vale per l’Intelligenza artificiale: demonizzare o farsi fagocitare da essa (con la sostituzione degli umani nella produzione delle notizie) vuol dire o rinchiudersi in una torre d’avorio e andare verso l’estinzione oppure sparire per irrilevanza”.
Del resto, se pensiamo al fatto che ci sono colleghi che, pur avendo inevitabilmente sentito parlare di Intelligenza Artificiale generativa non l’hanno mai provata nemmeno per curiosità la situazione appare ancora più critica di quello che sembra.
Qualche tempo fa, in un corso organizzato per i colleghi sull’AI generativa, cercavo di far riflettere sul fatto che nessuno sarà mai disposto a pagarci per preparare un prompt e pubblicare la risposta esattamente così come ci viene proposta. Così come saremo pagati sempre meno per copiare e incollare veline e comunicati stampa, una pratica purtroppo abbastanza diffusa, tanto da aver portato le istituzioni e le imprese a chiedersi perché un certo giornalista decide, per esempio, di costruire una notizia su un comunicato anziché copiarlo integralmente. L’intelligenza artificiale è senza dubbio un ottimo collaboratore, insieme al quale costruire contenuti, ma non può e non deve diventare un nostro delegato.
La riflessione che tutti, a partire dai giornalisti, potremmo fare è su quanto possa contare per la società il lavoro giornalistico che sceglie ancora le parole con cura e costruisce informazioni a partire dalla ricerca di dati non disponibili, non aperti, poco chiari ma di interesse collettivo. In un mondo che sta osservando - forse incredulo ma neppure tanto scandalizzato - un Milei qualunque che decide in un documento ufficiale di definire le persone con diversa abilità cognitiva "ritardati", "idioti" o "imbecilli", dobbiamo ricordare che la scelta delle parole può legittimare la discriminazione o difendere la dignità umana.
Si il giornalismo è ancora necessario ma non certamente come è adesso. O diventa il cane da guardia dell' opinione pubblica svelando le magagne del potere o sarà destinato a scomparire dando per scontato, tuttavia ,che i grandi numeri del passato non ritorneranno. E quindi avremo bisogno di editori puri che non si facciano intimorire dal potente di turno (vedi la meschina ritirata di un Jeff Bezos qualsiasi che ipocritamente plaude alla libertà di espressione) e che facciano sventolare la bandiera della ragione e della verità altrimenti i Milei di tutto il mondo l'avranno vinta