Fare o non fare? Rischiare o non rischiare?
Alla fine, le scelte della vita sono sempre quelle
Stasera ripensavo al fatto che la nostra vita è fatta di tante “sliding doors”. A volte, come nel celeberrimo film, siamo vittime di sliding doors che non gestiamo noi direttamente. Ma spesso, siamo noi gli artefici, gli operatori di una sliding door. Facciamo una certa scelta o non la facciamo? Corriamo un rischio o restiamo fermi? Imbocchiamo una strada nuova o restiamo sulla vecchia?
La vita è fatta di scelte e di tempi delle scelte. Spesso possiamo rimediare a scelte sbagliate oppure affrontare delle scelte che avevamo messo da parte, celate alla nostra vista, perché non avevamo il coraggio di affrontarle. Troppo spesso, ahimé, non ci poniamo nemmeno il problema di ripensare a quel che abbiamo fatto o non fatto. E così perdiamo l’occasione di crescere, di imparare dall’eventuale errore o dall’inazione: andiamo avanti per inerzia, “spaventati dalla nostra stessa ombra”, come recitava un detto che i miei genitori e nonni contadini solevano ripetere.
Ci sono sliding door che determinano il nostro destino in modo irrevocabile. Succede nella vita personale come in quella professionale. Se sbagliate, sono scelte che spesso lasciano ferite che non si possono rimarginare, segnano per sempre. Specialmente quando parliamo di sentimenti e di scelte di vita.
Ma ci sono scelte difficili che dobbiamo affrontare anche nella vita professionale. Faccio quell’investimento o non lo faccio? Creo quel prodotto o non lo creo? Cambio quella persona o non la cambio? Abbandono una certa strategia o un mercato oppure no?
È indubbio che un manager non possa agire avventatamente. Se sbaglia, l’errore lo pagano non solo gli azionisti, ma spesso e soprattutto i colleghi e i dipendenti. Per di più, molti errori non producono solo un danno economico: danneggiano le persone e l’ambiente.
Sia nella nostra vita personale che in quella professionale sbagliare costa, in tutti i sensi. Ma anche non rischiare mai, evitare le scelte, restare immobili costa. Costa in occasioni perdute, oppure nel fatto che come il Titanic si continui la marcia verso un enorme iceberg, che sappiamo ci affonderà, senza nemmeno provare a cambiare rotta e andando così incontro ad un tragico destino.
Io sono una persona tendenzialmente impaziente. Odio procrastinare. Non sopporto rivivere giorno dopo giorno situazioni che reputo sbagliate. E così spesso faccio errori per impulsività o per fretta. Ma è altrettanto negativo – e per me ancor più negativo – restare indefinitamente in una situazione rischiosa o incerta o faticosa o dolorosa senza nemmeno provare a cambiare.
Cambiare è difficile. Fare qualcosa è difficile. È più facile restare immobili, aspettare, vedere se qualcuno risolve il problema al posto nostro.
Ma è questa vita? È così che dimostriamo chi siamo e cosa valiamo? È così che costruiamo valore, gioia, serenità, vita!
Io preferisco rischiare, fare, cambiare, muovermi. Cerco di farlo in modo ragionato, ovviamente. Ma non sopporto di restare in una situazione passiva, negativa, senza sbocchi e carica di rischi. Cerco il meglio, anche se così rischio. Va bene, così sia.
Quale sarebbe un’alternativa migliore? Vegetare? Aspettare? Sperare che le cose cambino da sole?
Non fa per me.
Sono pienamente d'accordo con lei, non c'è niente di peggio di una situazione stagnante da mesi o addirittura anni. Preferisco di gran lunga la paura all'apatia.
Ci pensavo proprio qualche giorno fa. Mandare quella mail, o non mandarla? Anche se il risultato finale non è garantito, la vita é molto più piena e soddisfacente quando si agisce. Nessun rischio, nessuna ricompensa, certo molto meno stress, ma nel nostro limitatissimo tempo su questa roccia nell’immenso universo, vogliamo davvero muoverci sempre con i piedi di piombo?